La lira italiana viene naturalmente associata al 20° secolo, in quanto è proprio durante il Novecento che la diffusione monetaria della valuta è stata maggiore, ma anche perchè in tutti i casi l’aspetto storico relativo al secolo scorso è ancora molto “vivo”. Chi è sufficientemente “maturo” da avere memoria del periodo di “attività” della lira difficilmente avrà difficoltà a riconoscere gli oramai iconici esemplari di monete, come le 10, 50 e 100 lire, per citare esempi comuni, mentre sensibilmente meno comune nelle ultime decadi del Novecento risulta essere la moneta da 2 lire, che pure ha avuto una enorme “presa” dal punto di vista culturale.
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Seppur comuni ai tempi, le 2 lire sono meno rare oggi da trovare per i collezionisti, ed alcuni esemplari possono valere cifre molto importanti.
Quali sono?
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Il “taglio” da 2 lire è molto antico, in quanto i primi esempi pratici di tale taglio risalgono addirittura all’epoca napoleonica, appartenente dal regno d’Italia costituito durante le prime fasi dell’Ottocento, sotto diretta influenza dell’Impero Francese.
Successivamente questa forma di taglio di monete è statto adottato dal regno d’Italia costitutitosi durante il Risorgimento e mantenuto in altre tipologie fino alla seconda metà del Novecento.
A lungo queste monete sono state coniate in lega di argento, ma con la proclamazione della repubblica italiana, è stato completamente rifondato il concetto di monetazione e le “Nuove” 2 lire post seconda guerra mondiale hanno avuto un aspetto diverso, a partire dalla lega, non più formata dall’argento ma dall’alluminio, l’Italma.
Le 2 lire dal 1946 in poi sono state di due tipi: la più rara ed interessante è stata coniata per pochi anni, ma in quantità considerevoli, dal 1946 al 1950, versione chiamata Spiga, sviluppata per l’appunto in Italma.
Riconoscibile per la vistosa presenza di un contadino ritratto di spalle, mentre è intento ad utilizzare l’aratro, strumento fondamentale per preparare il terreno alla coltivazione, sull’altro lato è presente una Spiga, disposta leggermente in diagonale, con tanto di valore monetario.
Un esemplare del 1946 è già piuttosto raro, specie in ottimo stato, in quanto può valere da circa 50 euro fino a 400 euro, se in condizioni perfette, ma ancora di più è possibile ottenere con gli esemplari del 1947, anno in cui la appena riformata zecca di Stato ha coniato molti meno pezzi rispetto a contesti successivi.
La valutazione infatti è molto più “generosa” in quanto è difficile corrispondere ad esemplari in buono / ottimo stato: un pezzo di questo tipo vale da oltre 400 euro ma può superare i 1500 euro se è in Fior di Conio, ossia la migliore resa di conservazione possibile.