La lira italiana è “andata in pensione” dopo oltre 2 secoli di differenziato seppur diffuso utilizzo: la valuta italiana ha infatti anche prevedibilmente cambiato aspetto, valore e “significato culturale” nel corso dei decenni e non è un caso che ancora oggi, dopo oltre 20 anni dalla dimissione resta fortemente dotata di un potere simbolico, anche per via di una diffusione sociale che riguarda alcune monete e banconote. Tra le più amate, le 100 lire risultano essere indubbiamente tra le più diffuse, e possono anche dare soddisfazioni nel puro ambito collezionistico / economico.
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Le 100 lire corrispondevano ad emissioni dal valore elevatissimo durante il periodo monarchico, realizzate in oro ed impiegate solo dai cittadini più facoltosi, spesso come fonte di investimento. Con l’istituizione della Repubblica in contesti immediatamente successivi, la 100 lire è divenuta invece una emissione comune, realizzata in Italma, una lega di alluminio.
La più famosa nonchè la più longeva è sicuramente stata la Minerva, anzi la Minerva 1° tipo, che è stata emessa in grandi quantità dalla metà degli anni 50 fino al 1989, quando è stata sostituita dalla poco fortunata 2° Tipo, sostanzialmente la stessa moneta ma grande la metà.
La raffigurazione doppia è stata concepita da due incisori, Giuseppe Romagnoli e Pietro Gianpaoli, su un lato è presente la dea romana di Minerva, con tanto di lancia ed elmo, mentre si trova accanto ad un albero di alloro, mentre l’altra estremità presenta una testa femminile di profilo, anche in questo caso l’alloro è presente.
Le emissioni più rare e ricercate sono quelle degli anni 50, anche se solo con esemplari tenuti molto bene, se non addirittura in Fior di Conio (la miglior forma di conservazione possibile) è possibile ambire a diverse centinaia di euro per un singolo esemplare, ad esempio fino a 500 – 600 euro.
La 100 lire che vale di più è sicuramente l’esemplare di prova del 1954, riconoscibile dalla scritta Prova su uno dei lati. In questo caso la valutazione arriva a 3000 euro.