Nell’ambito alimentare la possibilità di fare ricorso a prodotti inscatolati ha costituito un passaggio fondamentale per motivazioni logistiche e conservative, in particolare legumi, ma anche diverse forme di pesci ed altri alimenti, che possono essere conservati attraverso un procedimento che prevede in generale un liquido di conservazione. Da anni si parla moltissimo del tonno in scatola e delle possibili forme di effetti negativi che coinvolgono questa comunissima variante alimentare, anche se non sono tutti uguali: quali sono le varianti di tonno da evitare?
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Il tonno in scatola viene spesso considerato poco sano in ogni caso, in quanto gli elementi che permettono la conservazione di questo prodotto sono tendenzialmente molto criticati perchè sono composti prevalentemente da soluzioni a base di sodio, che è particolarmente pericoloso per chi soffre di ipertensione, ed è generalmente sconsigliato per un utilizzo costante anche per i soggetti sani.
Va anche tenuto a mente l’apporto di metalli pesanti che sono la conseguenza non della conservazione nelle lattine quanto alla tradizionale presenza di metilmercurio https://it.wikipedia.org/wiki/Metilmercurioche è naturalmente assimilato dal tonno durante il suo ciclo vitale. Proprio il tonno assieme ad altre forme specifiche di pesci tende ad assorbirne naturalmente in quantità, ed il metilmercurio risulta essere difficile da smaltire per gli esseri umani.
Per questo motivo è bene, quando possibile, valutare con attenzione non solo la frequenza di consumo del tonno in scatola ma anche, banalmente, la provenienza del tonno stesso.
Il Mediterraneo non è un mare sfruttato in maniera così costante per la pesca del tonno, attraverso varie sigle presenti sulle varie confezioni è possibile comprendere in buona sostanza “da dove proviene” il tonno che andremo a mangiare.
Secondo vari rilevamenti da entità come Altroconsumo, sono da evitare i prodotti pescati da zone come oceano Indiano (che presentano le numerazioni 51 e 57) e Oceano Atlantico (31, 34, 41, 47).