Se in passato, almeno nella percezione, andare in pensione costituiva la giusta (più o meno) ricompensa dopo una vita di lavoro, oggi ottenere un obiettivo simile e non troppo penalizzante risulta essere maggiormente arduo e complesso da adempiere. La situazione infatti è piuttosto complessa, in Italia come in altri paesi considerati “di prima fascia” che devono fare i conti con una popolazione mediamente “al di là” con gli anni ed un mondo del lavoro in continuo cambiamento. Andare in pensione prima, riferito al concetto della naturale pensione contributiva di vecchiaia costituisce qualcosa di “normale”, corrispondente a diverse possibilità.
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La pensione anticipata oggi viene corrisposta in linea generale per quasi la metà di lavoratori italiani, in quanto l’età pensionabile è sempre più elevata, anche se non tutti i metodi sono effettivamente adottabili da chiunque.
Ma chi può andare in pensione prima?
Andare in pensione prima: ecco tutte le casistiche
Nel 2023 sono state riconfermate quasi tutte le metodologie inerenti alla pensione anticipata dell’anno precedente: la pensione tradizionale di vecchiaia potrà essere chiesta ed ottenuta ad un’età minima di 67 anni ed almeno 20 di contributi, un limite spesso non possibile o non così conveniente per molti.
In Italia però da diversi anni è sempre più adottato il sistema misto, ossia quello che privilegia l’età contributiva piuttosto che quella anagrafica, o viceversa.
La pensione anticipata “base” non fa ricorso all’età anagrafica ed è adatta se si hanno a disposizione anni contributivi completi in quantità sufficiente: “bastano” 41 anni e 10 mesi di contributi (per le donne), oppure 42 anni e 10 mesi di contributi (per gli uomini).
Modificata nuovamente rispetto agli anni scorsi Quota 100, divenuta poi 102 e nel 2023, Quota 103, altra forma di pensionamento anticipato “misto” che necessità di almeno 62 anni di età e 41 di contributi all’attivo, anche se in questo caso l’assegno mensile ottenibile non può essere superiore a 5 volte la pensione minima (poco più di 2800 euro mensili).
Con altre forme confermate e modificate dall’attuale esecutivo com Opzione Donna e Ape Sociale è possibile fare ricorso a pensionamenti anticipati, ad esempio il primo metodo rende possibile alle lavoratrici private o autonome di chiedere la pensione con 35 anni di contributi e 60 anni, ridotti a 59 per le donne con un figlio e a 58 per le donne con due o più figli, a patto di rientrare nella categoria delle caregiver (ossia le figure che assistono un parente o il coniuge nell sue funzioni di vita principali), oppure se rientra nella categoria delle lavoratrici licenziate , o ancora se hanno un’invalidità di almeno il 74 %.
Ape Sociale segue un sistema simile: in questo caso sono necessari almeno 63 anni d’età ed un contributo dai 30 ai 36 anni.